Ann Weiser Cornell and Barbara McGavin
(Traduzione di Francesca Degani)
L’Inner Relationship Focusing (IFR) è un processo di guarigione emotiva e di accesso all’energia vitale positiva. È stato sviluppato da Ann Weiser Cornell e Barbara McGavin principalmente a partire dalla loro pratica basata sul lavoro sul Focusing di Eugene Gendlin, con alcune influenze di vari altri metodi (Cornell e McGavin, 2002). Soprattutto, la pratica dell’IFR è stata sviluppata in 18 anni di lavoro intensivo con clienti che affrontavano problemi difficili, come blocchi nelle azioni, dipendenze (principalmente disordini alimentari), stati depressivi e ansiosi e bassa autostima. Oltre a questo tipo di problemi, l’IFR è stato sviluppato con persone che volevano prendere decisioni appropriate per loro e avere più fiducia nella loro percezione di ciò che era giusto nei passi successivi della loro vita. Nonostante la sua applicazione a problemi complessi della vita, l’IFR non è un metodo mirato a un particolare tipo di problema, ma è adattabile a qualunque questione un cliente debba affrontare, inclusi i problemi di relazione e persino la sofferenza provocata dal dolore e dai sintomi fisici.
Come il metodo del Focusing da cui deriva, l’IFR può essere insegnato alle persone come una tecnica di auto-crescita e può essere praticato a coppie in forma di ‘counseling fra pari’. In vari luoghi del mondo si sono create reti di persone che praticano l’IFR in ‘partnership di Focusing’ e, poiché il processo può avvenire al telefono, non è necessario che i partner si trovino nello stesso luogo fisico per lavorare insieme. Professionalmente, l’IFR può essere utilizzato da terapeuti, counselor e altri professionisti insieme ad altre modalità di aiuto, e può essere anche una pratica a sé effettuata da una ‘Guida IFR’.
Una delle applicazioni più sorprendenti dell’IFR è il modo in cui viene insegnato in Afghanistan e in Pakistan dalla Dott.ssa Pat Omidian e dai suoi studenti, con il supporto di Nina Joy Lawrence, nell’ambito di un modello di salute comunitaria.
CONCETTI CHIAVE
Il concetto centrale dell’IFR è la Presenza. La Presenza è lo stato naturale del Sé: calmo, curioso, interessato e capace di agire in modo maturo ed equilibrato. Si assume che il cliente sia in grado di essere in Presenza, anche se non l’ha mai sperimentato. La guida parla al cliente a partire da questa assunzione, e può anche offrire suggerimenti che rafforzano e sostengono l’esperienza di Presenza del cliente.
Nello spazio relazionale interno così creato, appaiono esperienze sentite che hanno bisogno del conforto, del supporto, dell’empatia e dell’ascolto da parte della Presenza. Il ruolo della guida consiste nel sostenere il cliente mentre offre queste qualità all’esperienza del sé parziale che ne ha bisogno. La relazione principale, quindi, è la ‘relazione interna’ del cliente, e la relazione fra la guida e il cliente sostiene la relazione interna (vedere Gendlin 1984).
La guida dell’IRF è particolarmente attenta alla possibilità che il cliente sia (o diventi) identificato con dei sé parziali, o che li esili (si dissoci da loro), precludendo l’esperienza della Presenza. La guida porta quindi il cliente ad essere in Presenza con questi aspetti del sé. Questa è la chiave, poiché quando il Focuser non è in uno stato di Presenza non si può formare il senso sentito.
Il Focusing è un processo di attenta esplorazione di un senso sentito. Affinché si possa formare un senso sentito, è necessaria una qualità di attenzione aperta, rilassata e accettante. Gendlin (1996) sottolinea che un senso sentito non è qualunque sensazione corporea.
“Un senso sentito è nuovo. Non è qualcosa che c’era prima… Arriva con freschezza … è qualcosa che abbiamo, non qualcosa che siamo” (p. 20, corsivo nell’originale).
Quando il Focuser non esperisce un senso sentito, ma un’esperienza corporea emotiva che sembra richiedere attenzione, nell’IFR lo consideriamo un Sé parziale, o un processo di un sé parziale. (Vedere il nostro articolo “Mappe del tesoro per l’anima” a pag. 41 di questo volume. I Sé parziali sono stati di reazioni ripetitive che necessitano della compagnia empatica del Focuser come Presenza. A sua volta, nel tempo, questo permette al senso sentito di formarsi. La Presenza è un processo di relazione sensibile ed empatica con i sé parziali che richiedono attenzione, e allo stesso tempo è lo spazio che permette al senso sentito di formarsi.
La metodologia dell’IFR comporta una profonda attenzione al linguaggio come processo di facilitazione. Il ‘linguaggio della presenza’ viene utilizzato quando si risponde in modo empatico ai clienti, e talvolta viene insegnato loro come processo di cura di sé. Le due componenti di base del Linguaggio della presenza sono: “Stai sentendo…” e “qualcosa in te…” “Stai sentendo …” coltiva la Presenza e aiuta il cliente a identificarsi con la sua capacità di sentire ciò che esperisce. “Qualcosa in te…” fa riferimento a un aspetto dell’esperienza e sostiene la relazione con esso. Naturalmente questi variano in risposta alle circostanze della sessione effettiva.
Una seconda importante osservazione linguistica è l’uso di affermazioni (come rispecchiamenti empatici) e suggerimenti. Le domande non vengono quasi mai utilizzate. Il motivo è che si assume che le domande siano un metodo inefficiente e indiretto di agevolare un processo nel cliente. Inoltre, le domande possono essere percepite come intrusive, e questo può bloccare il processo. Le domande, inoltre, mettono in evidenza la dimensione interpersonale, mentre l’enfasi deve essere posta sulla dimensione interna. I suggerimenti, dall’altro lato, sono quasi sempre percepiti come meno intrusivi delle domande, in particolare quando vengono introdotti da ‘ammortizzatori’ come “Potresti avere voglia di…” o “Se pensi che vada bene, potresti…” Alcuni esempi di suggerimenti che invitano la Presenza sono: “Potresti sentire come sarebbe stare con questo,” e “Guarda se va bene stare semplicemente con questo.”
Un terzo aspetto linguistico è la preferenza di descrizioni aggettivali rispetto ai nomi, per sostenere la massima facilità di scambio. “Qualcosa in te che si sente spaventato” è preferibile rispetto a “la paura” e così via.
Infine, l’aspetto forse più importante è la qualità di “accettazione radicale” offerta e invitata dalla guida in tutti gli aspetti del processo del cliente. In particolare, l’esperienza del ‘critico interno’ non viene respinta, ma viene trattata come un altro sé parziale da mettere in relazione con la Presenza. Anche le esperienze definite come ‘pensare’ o ‘distrarsi’ vengono incluse e rispettate come aspetti significativi del processo del cliente. La guida è attenta a proteggere il processo del cliente dalla manipolazione o dalla dominazione di un sé parziale. Si assume che le esperienze siano presenti nel modo in cui devono essere in questo momento. Ne risulta un’atmosfera generale di rispetto e accettazione interna in cui possono avvenire facilmente dei passi di cambiamento ‘life-forward’.
Questa panoramica dei concetti chiave dell’IFR non è che l’inizio della descrizione della portata di processi di aiuto e metodi sviluppati. Per una trattazione più dettagliata, vedere Cornell e McGavin 2002, e per ulteriori dettagli su argomenti specifici, vedere Cornell 2008.
Traduzione di un brano scelto da Ann WC per presentare il suo approccio o metodo di focusing (chiamato Inner Relationship Focusing).
In questi esempi possiamo vedere molto da vicino come Ann accompagna e guida una persona nell’ambito in una prima seduta guidata di focusing a scopo di relazione di aiuto.
ESEMPIO
Il processo è illustrato da vari estratti di una sessione reale di Inner Relationship Focusing. I commenti sono riportati in corsivo all’interno della trascrizione. Nella sessione vi sono molte pause. Le pause di almeno 15 secondi sono indicate con i puntini fra parentesi (…) tra le frasi.
I testi sono estratti da una sessione al telefono con un terapeuta interessato a sperimentare il processo di Focusing per sé. Questa è la sua prima sessione guidata di Focusing. All’inizio della sessione, il cliente ha detto che desiderava lavorare su una recente esperienza, che ha descritto come traumatica. Ha deciso di non dire alla guida di quale esperienza si trattasse. Prima dell’inizio dell’estratto, il cliente ha percepito una forte sensazione di torsione del corpo, come se la parte inferiore fosse tirata in avanti e la parte superiore del corpo fosse tirata indietro e allontanata, e come se qualcosa stesse dicendo (come ha riferito il cliente) “Non voglio vedere!”
ESTRATTO 1
Cliente: sono ancora davvero torto. Ad eccezione del fatto che ora ho una sensazione come… come una pressione che sento sul cuore. È quasi come… come se questa parte venisse schiacciata.
Guida: quindi ora la tua attenzione si sposta sul cuore, e senti che è schiacciato, e forse anche la parola “pressione” è giusta. Forse puoi verificare come lo descriveresti ora in quel punto.
C2: Sì. E ora è uhm… OK, è quasi come uhm… Inizio a sentire questa enorme tristezza lì, nel cuore, e uhm — Stanno accadendo un sacco di cose nel plesso solare e nalla pancia. Si sta anche muovendo molto. Il cuore si sente semplicemente davvero triste.
G2: Quindi puoi riconoscere brevemente entrambe le cose, il fatto che sotto di esso sta accadendo molto, e il cuore, e puoi vedere se va bene rimanere per un poco. Sentire quanto è triste.
C3: Sì. Davvero triste.
G3: Potresti anche, forse lo hai già fatto, forse potresti appoggiare gentilmente la mano in quel punto, per dire “Sì, sono con te” a quel punto nel cuore.
Questo invito ad “appoggiare gentilmente la mano in quel punto” è uno dei passi che coltivano la Presenza.
C4: Ci ho messo la mano sopra. È come, uhm –- “Sì, sono con te.”
G4: È così.
C5: È proprio come se la parte dietro, in basso, volesse andare da un lato, e la parte in alto dall’altro lato. Ma ho la mano sul cuore, e la cosa di cui sono più consapevole è la tristezza, è come se mi si irradiasse verso la gola. Gli occhi. È una sensazione che ha voglia di piangere.
G5: Puoi stare semplicemente con lei.
C6: “Non ci posso credere. Non ci posso credere. Non ci posso credere.”
Le virgolette prima e dopo le parole del cliente in C6 (e C7, C8 e C9) indicano che sappiamo che il cliente sta riportando o parlando da un aspetto interiore, dicendo ad alta voce ciò che quel ‘qualcosa’ dice internamente. Si noti che la guida risponde, in G6 e G7, da questa comprensione delle parole del cliente.
G6: E le parole sono: “Non ci posso credere.”
C7: “Non è possibile che stia accadendo questo.”
G7: Sì. Qualcosa dentro di te dice “Non è possibile che stia accadendo questo.”
C8: “Non è possibile che stia accadendo questo. Non è proprio possibile.”
G8: E tu stai con questa sensazione.
C9: “Non è possibile.” E ora sento una specie di nausea.
G9: Quindi ora arriva una specie di sensazione di nausea.
C10: Sì, nello stomaco, bleah.
G10: Stai sentendo nello stomaco una specie di “bleah.” Anche lui è qui. E stai anche con lui. Ti sta mostrando qualcosa sul modo in cui si sente ora interiormente. “Non ci posso credere.” E questa sensazione di nausea… il tuo corpo ti mostra questa sensazione di “nausea”, e tu stai con lei con una gentile curiosità.
L’invito a stare in un luogo con gentile curiosità” è tipico dell’IRF. Si veda anche G21.
C11: Quindi è quasi, ho quasi avuto una sensazione di uhm, è come se il corpo mi stesse chiedendo “Vuoi davvero sapere? Vuoi davvero davvero davvero sapere?” Me l’ha chiesto con una specie di rabbia, come se dicesse “Vuoi davvero sapere? So che non vuoi sapere.”
G11: Come se ci fosse una specie di storia di qualcosa in te che non vuole sapere.
La guida sospetta l’esistenza di un sé parziale che non è stato riconosciuto quando il Focuser ha trovato una parte che è arrabbiata con lui che dice “So che non vuoi sapere.” La parte arrabbiata non era la parte non riconosciuta, ma il fatto che fosse arrabbiata ha messo in evidenza una storia relazionale all’interno del cliente e la possibilità che fosse ancora presente una ‘parte che non vuole sapere’. Questo verrà ripreso in G18.
C12: Sì, come “Ci ho già provato.”
G12: E forse c’è qualcosa in te che non desidera sapere… come la parte superiore del tuo corpo… Non c’è bisogno di rispondere sì o no a questa domanda, basta dire che riconosci qualcosa in te che chiede “Vuoi veramente sapere?”
Quando una parte si rivolge direttamente alla persona, vi è la forte tendenza a rispondere con lo stesso tono, ma rispondere significherebbe uscire dallo stato di presenza e identificarsi con un sé parziale. Quando la guida dice “Non c’è bisogno di rispondere sì o no a questa domanda” in G12, aiuta il cliente a rimanere in uno stato di presenza.
C13: Sì, qualcosa in me vuole sapere se voglio sapere! O vuole dirmi… qualcosa in me vuole dirmi che non pensa che io voglia sapere.
G13: È così. È ciò che ora viene riconosciuto.
C14: Non è contento. Ha paura di pensare – Ha paura di sperare che forse voglio sapere. Non vuole sperarlo.
G14: Oh! Allora vi è una sorta di storia passata in cui forse è stato deluso.
C15: Sì, esattamente.
G15: E ora è arrabbiato. E tu senti che gli piacerebbe sperare che tu voglia sapere, ma…
C16: Sì, gli piacerebbe davvero, gli piacerebbe sperare, ma ci ha rinunciato. È come un adolescente, “Lo sai com’è la mamma.”
G16: “Comunque sia.”
C17: “Comunque sia.” Sì, esattamente. “Comunque sia.”
G17: Ma sotto c’è una speranza.
C18: Sarebbe felice se tu potessi osare crederlo… Come se volesse che io dica “Voglio veramente sapere, dimmi, voglio veramente veramente.” E probabilmente direbbe “No non è vero.” “No, veramente!” È così.
G18: Quindi probabilmente ciò che deve accadere è che tu riconosca davvero la parte di te che non vuole sapere. Pensiamo che sia probabilmente ancora qui in qualche modo.
C19: Sì.
G19: In modo che tu ti giri verso la parte che non vuole sapere, includendo anche lei.
Si noti questo linguaggio relazionale e il modo in cui la guida aiuta il cliente a “girarsi verso” e “includere” questa parte.
C20: È molto interessante, perché quella è la parte di cui non sarei… non sarei fiero di non voler sapere qualcosa. Mi pongo come qualcuno che vuole sapere le cose.
G20: Quindi è più difficile riconoscere che c’è.
C21: Ma c’è.
G21: Tuttavia, se fai una pausa e lo riconosci, puoi sentire che c’è. Semplicemente dicendo a qualcosa “Ciao, lo so che ci sei anche tu”. Ed è qualcosa di cui essere anche curioso. Non sappiamo ancora che cosa succede veramente per la parte che non vuole conoscere. Quindi, per ora, solo un saluto.
C22: Mi dà una bella sensazione. Mi ha dato davvero una bella sensazione. Un grande sollievo.
G22: Bene, prendi il tempo di sentire questo sollievo, lascialo stare lì.
ESTRATTO 2
L’estratto successivo inizia poco dopo nella stessa sessione.
C23: Voglio trovare la parte… È come se adesso fossi curioso di entrare in contatto con la parte che non vuole sapere.
G23: Lascia semplicemente che questa consapevolezza stia nel tuo corpo. Sentendo il sostegno del pavimento, in particolare nella zona centrale, in gola, nel petto, nello stomaco. Però potrebbe essere ovunque. Semplicemente dicendo “Vorrei conoscere meglio la parte che non vuole sapere,” e rimanendo in attesa.
C24: Lo sento, ed è una bella sensazione sapere che è OK aspettare. Aspetterò per un poco.
G24: Sì.
C25: È ancora un po’ sospettoso. È come se dicesse, “Sì, ho già sentito questa cosa.”
Per sapere che quel “qualcosa” è sospettoso, il cliente deve sentirlo. Questo è ciò che raccoglie la guida per fare le affermazioni in G25 e G26.
G25: Quindi sembra che tu lo stia già sentendo. Ottimo.
C26: Sì, lo sto sentendo.
G26: Sta già comunicando con te. E quello che sta dicendo è che “Sì, l’abbiamo già sentito prima.” E ti sta facendo sapere che lo senti.
C27: Non è fiducioso.
G27: E tu senti che non è fiducioso.
Si noti il contrasto fra rispondere “Non è fiducioso,” che è un semplice rispecchiamento, e ciò che vediamo qui: “E tu senti che non è fiducioso,” che è il linguaggio della Presenza. La guida ascolta e sostiene tutta la relazione fra “te” e quel “qualcosa,” e ricorda implicitamente al cliente il suo ruolo: ascoltare quel luogo interiore.
C28: Lo sento.
G28: Molto bene, sì.
C29: Sta dicendo, uhm — è buffo, sembra proprio un adolescente. Dice “Se sapessi che cos’è, non ci penseresti nemmeno a voler sapere.” E così io gli dico “Sento che pensi che sia sconvolgente…” … Voglio solo chiedere di nuovo, “Quando ti senti a tuo agio, chissà se vuoi farmi sapere semplicemente dove sei.” … È come… quello che arriva è come una smorfia una specie di chiusura intorno alla bocca, come una specie di “urggh.” Come una specie di smorfia che mi chiude le labbra, come “Non puoi trascinarlo…”
G29 Quindi ciò che ti sta mostrando è quel serrare la bocca, quel fare una smorfia con le labbra…
Si noti che “ciò che ti sta mostrando è…” è un’altra forma di linguaggio della Presenza. Il contrasto con un rispecchiamento senza questa frase, ad esempio: “Ciò che arriva è quel serrare la bocca, quel fare una smorfia con le labbra…” Ciò che aggiunge la frase con il linguaggio della Presenza è la dimensione relazionale esplicita, e aiuta il cliente a rimanere in Presenza.
C30: Vuole davvero dirmelo! Riesco a sentire quando vuole dirmelo.
G30: Sì, vuole davvero dirterlo
C31: Vuole sentirsi sollevato per avermelo detto, ma — (ride) è esattamente come le persone.
G31: Sì, vuole sentirsi sollevato e vuole anche essere sicuro che il messaggio ti arrivi.
C32: Sì. È come se volesse punirmi per non — vuole punirmi.
G32: Sì, ora non vuole che sia facile per te.
C33: No, perché ho — Pensa che sia colpa mia. Sì, è così, pensa che sia colpa mia. E così penso che riguardi… Penso al fatto di essere nato. È come se questa parte dicesse “è colpa tua che siamo nati. Non avrebbe dovuto succedere.” Non so perché è arrivato, ma è arrivato.
Vorremmo sottolineare alcune interessanti caratteristiche in C33. Primo, benché il cliente dica due volte “Penso,” chiaramente non è ciò che usualmente chiamiamo pensare. È più come l’arrivo di un altro pezzo del processo. La guida ignora la parola “penso,” e tratta questo segmento come se il cliente avesse detto “sento.” Secondo, ciò che arriva non è logico nel senso comune. Fino a qui, niente della sessione riguardava l’essere nato. Questo è buon segno! La guida non ha idea da dove provenga il tema della nascita o come abbia senso. Molto importante, la guida non si preoccupa del fatto di non comprendere. Per proteggere l’arrivo di questo nuovo pezzo, la guida cercherà di fare in modo che anche il cliente non si preoccupi ancora di cercare di capire la logica. Così, quando il cliente dice “Non so perché è arrivato, ma è arrivato,” la guida lo prende come un segnale per invitare il cliente a verificare con la parte se ciò che arriva è adatto. Questo allontana il processo dal cercare di capire e lo riporta alla sensazione interna.
G33: Bene, forse puoi cercare di verificare se è giusto, se è come se dicesse “È colpa tua che siamo nati.”
C34: Sì, sta dicendo, “Già, sei tu che ci hai messo in questo pasticcio. Hai fatto in modo che nascessimo. Noi non vogliamo essere nati.”
G34: Quindi fagli sapere che hai sentito.
Gli inviti come quello in G34, che verranno ripetuti spesso in questa sessione, sono una parte sostanziale dell’IRF, poiché completano la sequenza della consapevolezza, aiutando il cliente ad ascoltare ciò che sta dicendo la parte, a vedere ciò che sta mostrando e a sentire ciò che sta sentendo. Un altro punto importante è che questo tipo di invito evita che accada qualcosa che potrebbe ostacolare il processo, come analizzare o rispondere in modo ‘utile’.
C35: OK. “Sento che non volevi nascere, che pensi che io ti abbia fatto nascere. Sento che hai ancora molta paura. Dimmi che cosa è accaduto.” … Ora sto semplicemente aspettando, e volevo dire che mi occorre un aiuto. Non so dove vorresti andare, ma è come se mi sentissi bloccato.
Osserviamo che il cliente si sentiva sufficientemente rilassato e fiducioso da chiedere alla guida un suggerimento per il processo in C35.
G35: Beh, sai, mi pare che il tempo di attesa possa essere molto prezioso. Quindi mi chiedo se c’è una parte che è impaziente o che ha difficoltà a credere che è OK semplicemente stare con questo.
La guida sospetta che l’incapacità di attendere del cliente (sono trascorsi meno di 20 secondi) sia legata al fatto che è identificato con una sua parte impaziente. Questo può essere inferito anche dal fatto che il cliente ha detto, “Dimmi che cos’è accaduto,” che non è puramente empatico. È stato detto con grande gentilezza… ma può essere percepito da una parte come piuttosto invadente.
C36: Sì, ecco quella parte.
G36: Sì, così salutiamo anche lei.
C37: Ritorniamo al semplice stare.
G37: Ritorniamo al semplice stare, con la fiducia che quello che occorre qui è costruire la fiducia. E la fiducia richiede tempo. Semplicemente stare.
C38: [un minuto di silenzio] C’è una… sì, c’è una voce qui dentro che non si fida veramente, non ci crede — C’è una voce quasi canzonatoria, che dice “Ha, ha, hai visto, non sta cambiando niente.”
G38: Sì, stai sentendo quanto è profonda la sua sfiducia.
È ottimo che dopo un silenzio di un minuto, il cliente inizia a percepire di più dal punto di vista della parte. Qui la guida considera che il suo lavoro (G38 e oltre) sia mantenere gentilmente il cliente in uno stato di empatia rivolto all’interno.
C39: Oh, totalmente. Non ha fiducia che vi sarà mai una guarigione. Mai. In nessun caso.
G39: Quindi falle sentire la tua empatia per quello che sente, per non avere fiducia che potrà mai esservi una guarigione.
C40: È come quella che non vuole parlare. Non crede che io possa sentirla. Vuole credere che la guarigione arriverà. Ma non può. Non ci riesce. “Se tu ci credessi e rimanessi deluso, sarebbe terribile.”
G40: E quindi ora, sì, ti sta facendo sapere molte cose!
C41: Sì.
G41: Ti sta facendo sapere che non vuole essere delusa. Che la delusione sarebbe terribile. Forse puoi farle sentire la tua empatia e la tua comprensione.
Un altro processo chiave dell’IRF è il ‘non volere.’ La guida è attenta a sentire quando il processo inizia ad esprimere ciò che non si vuole. Non c’è stato bisogno di invitarlo esplicitamente. Dalla posizione di empatia che il cliente ha offerto, il non volere ha iniziato ad emergere naturalmente in C40. In G41, la guida fa un rispecchiamento utilizzando la frase “non volere,” per mettere in evidenza ciò che viene sentito. Come vediamo in C42, questo porta un cambiamento. Quando il “non volere” di un sé parziale viene ascoltato, spesso segue la percezione della sua natura protettiva. C42 ne è un ottimo esempio. Questa parte è passata dall’essere canzonatoria in C38 ad essere protettiva in C42.
C42: Questo è un altro grande sollievo, è come se sapesse che — Sta dicendo “Sarei annientato. Dio mio, sarei annientato.” E ora sta dicendo “Sai, se io—” È come rinascere. Come se credessi veramente che la vita è bella, sarebbe terribile. Saresti completamente annientato se lo perdessi, o se — sai, credere che sia sicuro amare qualcuno, sarebbe terribile perderlo. “Non posso permettere che accada. E non posso permettere che accada a te,” è come se dicesse.
G42: Wow. Ti vuole proteggere da quella terribile perdita che ti annienterebbe!
C43: Sì, me e sé stessa. Vuole sicuramente proteggermi, sicuramente — è come se… Sta dicendo tutto questo in modo elegante, ma sta dicendo molto.
G43: Puoi sentire che sotto quella qualità di eleganza c’è un’altra qualità di non voler essere annientata, e di non volere che tu sia annientato.
C44: Lo sento perfettamente. Non vuole che io creda nella vita, non vuole che io abbia fiducia nella vita, non vuole che lo faccia perché sarebbe terribile.
G44: Vuole veramente trattenerti dall’avere fiducia nella vita, dal credere nella vita, poiché non vuole la delusione annientante che avresti se scoprissi che la vita non è degna di fiducia.
C45: Sì, è questo.
G45: Falle semplicemente sentire la tua empatia: “Sì, ti ascolto.”
C46: “Sento che non vuoi essere annientato, e che non vuoi che io sia annientato, lo sento davvero.” E ora è arrabbiata, e dice, “E com’è possibile che continui a comportarti come se fosse possibile avere una bella vita? Com’è possibile che continui a provarci?”
G46: Quindi falle sapere che senti quanto è arrabbiata.
Senza il suggerimento della guida di rimanere nell’empatia, in G46 il cliente avrebbe potuto sentirsi spinto a rispondere alla parte, poiché è stato provocato in modo diretto. Non vogliamo che ciò accada, poiché significherebbe perdere lo stato di Presenza e ricadere in una vecchia discussione bloccata. Un gentile suggerimento in G46 evita che ciò accada. Anche G47 è questo tipo di invito.
C47: Sì. “Sento quanto sei arrabbiata e frustrata, e quanto fa male quando continuo a provarci.” Sì, dice semplicemente sì. Più le faccio spazio, più sembra essere arrabbiata. È come un adolescente. Dice “Sei uno stupido, sei proprio uno stupido. Non imparerai mai.”
G47: E ti mostra com’è preoccupata. Al punto che dice cose come “Non imparerai mai.” Ti sta mostrando quanto è preoccupata.
C48: “Quindi ti preoccupi del fatto che non imparerò mai. Sei davvero certa che ci troveremo per sempre in questa situazione.” Voglio sentire meglio questa parte. … È come se fosse in gola. Vuole che la tocchi. … Ha paura che cerchi di farle credere nella vita. Quindi le devo dire “No, davvero, non ci sto provando. Va bene che tu sia lì, e che tu non creda nella vita.” Io però non ci credo.
G49: Quindi le stai dicendo ti sento, non voglio cambiarti o forzarti ad essere diversa da come sei.
C50: Sì, è così. “Sento che non vuoi essere costretta ad essere diversa da come sei. Lo sento davvero. Non vuoi essere obbligata a credere in qualcosa.” Ha apprezzato molto. Mi ha chiesto “Potresti dirlo di nuovo?” “Non vuoi essere — Non vuoi—”
G50: “Sento davvero che non vuoi essere obbligata a credere in qualcosa.”
C51: “Sento davvero, sento completamente che non vuoi essere obbligata a credere in qualcosa.” … “Voglio che tu sappia che non ti costringerò a credere in qualcosa. Non ti costringerò a fare niente. Non credo nelle costrizioni, non ti costringerò.” … Caspita, c’è molto dentro al costringermi a credere in qualcosa.
G51: Stai sentendo quanto c’è lì dentro.
C52: Sì, c’è molto. C’è molto molto molto. “Non costringermi a credere in qualcosa. Non costringermi.” OK, è iniziato qualcosa di totalmente nuovo…. C’è un chiaro cambio di scena. Di qui mi scende fino in profondità nella pancia, ed è come se — È molto strano. C’è come una pulsazione che parte quasi dall’osso sacro e risale fino al mio — intorno al mio ombelico, e si espande… Wow, è strano.
G52: Prendi il tempo necessario. Sarà sorprendente, se deve esserlo.
La guida assume che quando il cliente definisce questa esperienza “strana” stia esprimendo sorpresa su come sia diverso e inatteso e difficile da descrivere, anziché essere critico. Era nel tono di voce.
C53: Sì. Bene, quindi —
G53: E senti come una pulsazione.
C54: Sì, e come dicevo — Ho come degli spasmi, voglio dire letteralmente, i muscoli, non fa male, ma è come se ci fosse un cambiamento lì intorno. È… wow. Ora sento il bisogno di camminare.
G54: OK.
C55: OK ora è come, c’è questa pulsazione e ora è come se — Mi piacerebbe riuscire a spiegare… È proprio difficile da spiegare… È come se… Oh, mamma mia!
G55: Volevo solo dirti che nel Focusing siamo contenti quando le cose sono difficili da descrivere.
C56: Ok, va bene, ottimo!
G56: Quindi se ti trovi sul margine di qualcosa che non è facile da descrivere, è fantastico, significa che sei nel posto giusto.
C57: Bene, quindi qui, è questo. È come, uhm… è come se ci fosse l’osso sacro a un’estremità, e là c’è il mio, uhm… qualunque sia l’altra estremità in alto, la base del cranio, e la gola, ed è come se… c’è una pulsazione, ma è molto molto molto bassa, voglio dire lenta, come se fosse sott’acqua. Come se fosse sotto il mare. Ed è come “Buum!” Non si sente, ma se fosse un suono sarebbe come un “Buum.”
G57: Come un buum molto profondo. Sì.
C58: Il mio cervello sta cercando di capire come siamo arrivati lì prima, ma non è importante.
G58: È quando quel qualcosa ha sentito davvero che non l’avresti costretto.
C59: È così! È esattamente così!
G59: È quello che è arrivato prima di questo cambio di attenzione.
C60: È vero.
G60: Quindi quello che c’è ora è questa profonda pulsazione, profonda e lenta.
C61: … Dovrò stare con questa.
G61: Ci stai già. Va bene. Prenditi il tempo.
C62: … Hmm. OK, ora c’è qualcosa nel mio… proprio sotto il mio ombelico. Si sente come una gioia incredibile, come se — ho voglia di ridere. Piangere e ridere. Non sta proprio uscendo, ma sembra quasi che potrebbe farlo, come… lo sento proprio.
G62: Puoi lasciarlo stare lì con il senso di pienezza che desidera. Qualcosa come una gioia incredibile. Sì.
C63: Come se il mio corpo cadesse in questa… in questa vera facilità.
CONCLUSIONE
L’Inner Relationship Focusing dà un’elevata priorità alla relazione del Focuser con ‘qualcosa’, l’esperienza sentita all’interno. La relazione interna si basa sul sentire, sul descrivere, sull’empatia e sulla comprensione profonda. Il ruolo della guida o del partner di Focusing è sostenere questa relazione interna.
Gendlin scrive a proposito della relazione interna (1990, p. 216): “Il cliente ed io facciamo compagnia a quel qualcosa dentro. Come si farebbe compagnia a un bambino spaventato. Non lo si metterebbe sotto pressione, non si discuterebbe con lui, non lo si prenderebbe in braccio, perché gli farebbe troppo male, sarebbe troppo spaventato o troppo teso. Si resterebbe seduti là, in silenzio.” E anche: “Il Focusing è un processo deliberato dove un ‘Io’ si prende cura di ‘qualcosa’ (p, 222).
Questo “qualcosa” di cui parla Gendlin può essere un’esperienza parziale di sé (nella prima citazione) o un senso sentito. Teoricamente, vi è una differenza sostanziale fra questi due diversi tipi di processo, anche se in pratica, in una sessione effettiva, si fondono e si mescolano in modo sinergico.
Un processo di un sé parziale è uno stato di reazione ripetitiva. L’IFR ha sviluppato diversi processi che aiutano i Focuser a offrire la relazione empatica di cui hanno bisogno i sé parziali.
Un senso sentito è un senso fresco dell’insieme di qualcosa (una situazione, una persona, un sé parziale). Richiede una consapevolezza diretta, imparziale, aperta e sostenuta, diversa dai nostri stati di consapevolezza ‘ordinari’. Coltivare la Presenza è un elemento cruciale nella formazione di questo stato di consapevolezza inusuale.
Non è necessario sapere quale o che tipo di esperienza ha il Focuser per invitare un processo di Presenza. Sostenendo il Focuser nel suo stato di Presenza con l’esperienza sentita illumina e porta avanti il processo che deve avvenire in quel momento, stare con un sé parziale o avere e simbolizzare un senso sentito. Il maggiore ostacolo al senso sentito è l’identificazione con le reazioni emotive (vale a dire i sé parziali). Queste identificazioni possono essere sottili e può essere difficile esserne consapevoli; ad esempio, quando un Focuser dice “Chiaramente devo superare questo,” o “Questa è una parte debole di me,” un ascoltatore sensibile può percepire che questa persona è scivolata via dalla Presenza e si identifica con un altro sé parziale.
In qualunque punto, mentre ci troviamo con i nostri sé parziali in modo empatico, può emergere il senso dell’intera situazione. L’IRF permette un processo di relazione con gli aspetti che richiedono attenzione, e allo stesso tempo mantengono/espandono lo spazio in cui può formarsi un senso sentito. Dalla formazione e dalla percezione del senso sentito dell’intera situazione possono emergere passi freschi di movimento in avanti.
Siamo profondamente grati a Eugene Gendlin per il lavoro della sua vita, la filosofia dell’implicito e il generoso incoraggiamento a tutti noi, i suoi studenti, a trovare il nostro movimento in avanti, che non sarebbe avvenuto senza di lui.